Esce un “Piccolo manuale di sopravvivenza aziendale, 10 lezioni per cavarsela nella giungla del lavoro” (Laurana) di Gian Paolo Parenti.
Ed è un coacervo di fantasia sulla realtà o follia della normalità del mondo del lavoro. Una roba da ridere ma poi mica tanto.
Ha ragiona Parenti, “L’Azienda vive di richiami alla violenza”. Sì ma come si esplicita questa violenza e chi sono i leader che la perpetuano e come classificarli per tipi? L’esperienza ventennale di osservazione delle organizzazioni aziendali ha insegnato all’autore questa sintesi: il cinico, l’infame, il violento. Sono tipizzazioni divertenti ma anche crudelmente assidue nella loro brutale ripetitività.
Sentite almeno la descrizione di una delle più diffuse categorie di manager nel melange aziendale italiano aziendalbuonista:
L’infame è il più umano dei leader. Ha una capacità empatica fuori dal comune. Con grande naturalezza entra in sintonia con i sottoposti, e mantiene con loro ottime relazioni anche dopo averli anestetizzati, brutalizzati e abbandonati nottetempo in qualche discarica di periferia.
Nella relazione con l’infame, spiega Parenti, ogni sottoposto sperimenta tre fasi. Nella prima riceve grande considerazione, ma nessun riconoscimento tangibile, non per insensibilità ma per un eccesso di cura propedeutica che poi esplode nella fase tre. Nella fase due il capo, si scopre maestro e impartisce lezioni che rinfrancano il sottoposto momentaneamente instillandogli fiducia in se stesso, quella stessa che lui stesso ha contribuito a fiaccargli. Ed ecco arriva la fase tre durante la quale il capo smette di fargli da maestro per offrirgli quanto di meglio (non) ha da dare: la propria amicizia!
Ma nulla è eterno anche per i capi come spiega l’autore:
“Perciò, già mentre incontra la provvidenziale corrente calda che lo sospingerà verso gli strati più alti e rarefatti della volta aziendale, un giovane leader dovrebbe iniziare a porsi il problema della propria uscita di scena, quando anche per lui arriverà il Tempo ultimo, quello del tradimento e degli addii ben retribuiti”.
La nostra “letteratura aziendale” tanto prodiga di manuali del fare bene (che poi si rivela un fare peggio) ha bisogno di ridere di sé. O anche solo sorridere. Ne ha bisogno o ne avrebbe bisogno chiunque pensasse nella vita di aver raggiunto livelli irraggiungibili. Purtroppo accade nel mondo aziendale tutto proteso alla creazione della più ambiziosa e mistificata figura geometrica dagli egiziani a oggi: la piramide (con l’ambizione di “venderla” o solo raccontarla come rovesciata). Per tutto questo può essere utile la lettura del “Piccolo manuale di sopravvivenza aziendale,10 lezioni per cavarsela nella giungla del lavoro” di Gian Paolo Parenti.
Ce n’è per tutti, anche per i dipendenti: il dipendente tecnocrate (e il divertentissimo paratecnocrate che conta tutto in k) e il dipendente cattoconservatore fino al cremlinologo aziendale. Divertente anche il paragrafo dedicato alla citazione perfetta che non può mancare a un buon Leader con un buon pubblico.