Da dove nasce la parola BAR, può essere un acronimo o un anglismo? A queste domande prova a rispondere Paolo Ciampi nel suo nuovo “La terapia del bar. Piccole storie di luoghi resistenti, baristi filosofi e varia umanità” (ediciclo) dal quale vi offriamo un estratto.
C’è chi l’origine della parola bar la ruba all’America per piazzarla addirittura nella tua Firenze. Anno 1898, Alessandro Manaresi inaugura il primo locale dove il caffè si beve in piedi.
È un Banco A Ristoro: e l’acronimo fa bar.
Difficile da credere, però il caffè esisteva davvero, era in via dei Calzaiuoli, vetrina del centro storico.
Lo chiamavano Caffè dei Ritti, perché il caffè, appunto, se lo bevevano ritti in piedi.
Così, ecco, diciamo che è in onore del Manaresi. Hai deciso che la parola bar la lasci stare.
Tanto più che con le tazzine di espresso ora vuoi andarci più calmo, senza per questo rassegnarti
al decaffeinato. Va bene bar: è intraducibile, non ha equivalenti.
Ma vanno bene anche caffè, pub, mescita e quant’altro.
Purché i tavoli ci siano. Purché ci si possa sedere. Purché non ci sia un cameriere che metta fretta.
Con tutta la fretta che c’è già fuori.