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flânerie e viaggetti

Traforo Umberto I

Il Traforo Umberto I o via del Traforo, uno spazio nel tempo, un racconto di Natalia Ginzburg.

Racconta Natalia Ginzburg in “Vita immaginaria” la sensazione che gli provoca riattraversare il traforo.

Per i romani – non per tutti i romani ma almeno per quelli che hanno dimestichezza con il Centro Storico – il traforo è l’Umberto I o via del Traforo. Da un lato via Nazionale, dall’altro via del Tritone.

La Ginzburg ripensa alla guerra e alla sua pensioncina su via Nazionale.

Deve andare a una presentazione in cui si parlerà di Valpreda. All’Eliseo (con Bobbio e la Cederna).

Ma sbaglia teatro e si trova in una manifestazione missina – alla fine dirà che il tema era il ruolo della donna.

C’è una schiettezza talvolta una impertinenza – tipica peraltro delle scritture della Ginzburg – che arriva a mettere in risalto quanto il tempo passando modifica i luoghi per la percezione modificate che ne abbiamo noi.

La Ginzburg giovane sognava la politica – sognava di poterla fare e potersene occupare – ma poi se ne distanzia. Poi si imbatte nella storia di Valpreda e “mi sono accesa di una collera furiosa”.

Il traforo diventa così la porta nel tempo che la rigetta in una sensazione antica. Rimossa in “grida strozzate”, abbandonando lo sdegno giovanile.




Di roberto carvelli

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).