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Il MAXXI, Ghirri e l’importanza della visione

Se avete già avuto modo di ammirare il MAXXI, se non vi accontentate di scoprire come l’architetto anglo-irachena Zaha Hadid sia riuscita a interrompere la lunga sequela marziale di caserme del quartiere Flaminio. Se non siete propriamente amanti dell’architettura l’occasione trasversale per uscire di casa, lottare per il parcheggio e varie ed eventuali, vi è offerta dalle esposizioni sempre interessanti del giovane museo romano.


Il MAXXI Architettura – questa la dicitura completa – è il primo (in ordine di tempo) museo nazionale di architettura in Italia. Da una parte, si candida alla storicizzazione dell’architettura del XX secolo; dall’altra tenta di rispondere agli interrogativi del presente, interpretando le aspettative contemporanee. Museo storico e museo contemporaneo, quindi, in cui passato e attualità si intersecano, adottando di volta in volta le forme e i modi utili a sviluppare un percorso di conoscenza, ad analizzare tendenze e personalità, modelli culturali e comportamenti sociali.

A me successe di trovare il coraggio di vincere le tante resistenze viarie grazie alla fluviale mostra del fotografo Luigi Ghirri, qualche tempo fa. E, dato che ci sono, vi consiglio di comprare le sue “Lezioni di fotografia” (Quodlibet). E, se state pensando “io non amo la fotografia, non voglio imparare a usare la mia macchina per fare scatti migliori” siete fuori strada. Ghirri è più di un fotografo e in questa raccolta di aule per aspiranti fotoamatori o professionisti della pellicola impressionata lo dimostra. Ghirri è un teorico della visione e vi assicuro che si tratta di un pensiero di grande utilità per
orientarci nella bellezza o nella non bellezza della nostra città e di tutto quello che vediamo.
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Scriveva diversi anni fa l’artista di Scandiano: “Diversamente, al cinema e alla televisione la percezione dell’immagine è diventata talmente veloce che non vediamo più niente”. Il pensiero di Ghirri, le sue immagini spesso situazioniste, di un fotomontaggio naturale nascono da questa attitudine a vedere le cose che ci sfuggono. “La televisione – ancora lui –, al 99% è piena di facce. Quello che abbiamo attorno non viene mai rappresentato”. E nel perdere lo sfondo delle cose, i luoghi perdiamo gran parte della terza dimensione che ci serve ad avere un quadro completo di quello che vediamo e di noi che lo riempiamo con la nostra figura. In questa dimenticanza spesso svanisce un’idea definitiva di quello che siamo.

Persino il nostro modo di abitare questa città finisce inevitabilmente per essere sollecitato da questa tara determinata dall’invasività di una visione umana un po’ superomistica. Ebbene no non siamo solo il frutto di un pensiero su noi stessi, non siamo il centro dell’universo come secoli di pensiero e di tecnica vogliono farci credere. Anche lo stato della nostra Roma deve essere influenzato da un’attenzione ai luoghi che l’apparente centralità dell’uomo tende a
cancellare. Se ogni volta che vediamo, ogni cosa che osserviamo fosse inquadrata con il suo sfondo, Roma sarebbe più bella e viverci più facile e più soddisfacente.

Le fotografie di Luigi Ghirri fanno questo: puntano l’occhio sulle cose che non vediamo, sui nessi invisibili che rendono alcuni fermo-immagine sorprendenti per i secondi (non voluti) significati che celano a uno sguardo non attento. Dovremmo imparare da lui questo modo di guardare fuori e persino dentro. Ovvero “l’individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità (…) e ciò che sta all’esterno, che vive al di fuori di noi, che continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare la fotografia”. È da questa capacità di saper mettere in relazione noi con ciò che ci circonda che può nascere un pensiero della visione che diventa azione sulle cose. Un’azione rispettosa di questo sottile equilibrio produrrà persino una città migliore. E non credo che serva solo agli architetti per disegnare palazzi nuovi in mezzo al vecchio che c’è ma a noi persino che ci dibattiamo tra quel che siamo e quel che vorremmo essere e tra come viviamo i luoghi che abitiamo.

Da fare

Una visita al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo – via Guido Reni, 4 – tel. 063201954
Una sosta corroborante al bar del complesso museale.
Un gelato da Neve di latte – via Luigi Poletti, 6, – tel. 063208485

Di roberto carvelli

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).