Che ci faccio o, meglio, che ci facevo? Piazza Regina Margherita numero 27, un portone che ho varcato centinaia di volte e che forse non varcherò più. Erano qui gli uffici di un mio editore che chiuse anni fa dopo trent’anni di onorato servizio.
Francesco Coniglio, nell’area romana dell’underground – specie fumettistico e specie fumettistico d’autore – è tuttora un nome che evoca qualità e rispetto generale. Coniglio editore (prima Mare Nero) per molti ha voluto dire eros (dalla storica rivista Blue a saggi di genere e d’avanguardia) e culture alternative quando questa parola aveva un senso non sospetto e a sé, non in relazione a qualcos’altro. Quando questi settori erano un campo di battaglia di pochi contro le collane di editori più grandi e non a rischio fallimento. Coraggio contro presidio di un genere tra i tanti da aggiungere a un catalogo generalista. La crisi del mondo dell’editoria, un mercato sempre più self publishing e on line, sempre più catene e massimizzazione che sconfigge i Davide dello scouting contro il Golia della globalizzazione. La stessa elefantiaca pressa che ha portato al “giù la serranda” della storica Libreria Croce. E sembra di stare nel romanzo di Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa.
Piazza della Regina, il bar dei gemelli (non più tale), la vineria, più in là uno storico bowling da appuntamenti comitivari adolescenziali, il ristorante dei Butteri (sempre pieno e sempre come se fosse più grande), il ristorante semplice “Da Emilio”. Ci rifarò qualcosa da queste parti, comunque. E sempre. Una piazza che ha cambiato così tante volte profilo da aver bisogno di cartoline e immagini a mente di chi ci ha vissuto. Una è appesa lì nella vineria. Mio padre la ricordava con la statua centrale e tutto che gli gira attorno. I tram che la scuotono metallica ieri come allora. Io che me la rivedo con i sampietrini e senza le larghe pedane con panchine che hanno voluto restituirle l’idea umana di uno scambio di parole invece che due strombazzate di clacson nel caos che anticipa il viavai universitario e medico. Chi ci passa forse ha un appuntamento all’Eastmann, una lezione di economia politica a La Sapienza, un fiore da mettere su una tomba in fondo, al Verano. Sta seduto su un tram o cammina sotto i platani magari per scegliere un regalino di Natale come in questo periodo di pochi soldi e molta fantasia per fare bella figura nel rispetto di una delle crisi peggiori che si ricordino da sempre. Crisi globale e crisi della globalizzazione: è bene ricordarselo ogni tanto.
Gli studenti universitari sospesi tra la ricchezza qualche volta vanitosa ma forse non vana della prima università privata: la LUISS. E quelli della prima università di Roma, La Sapienza. In ogni caso si tratta di primati. Che poi puoi spendere nei bar raccontando di appelli e studio matto.
Piazza della Regina è una specie di sfiato che prelude o anticipa tutto. Un avamposto, un punto di riferimento per sapere che sei sulla strada giusta per andare da qualche altra parte. La necessità della domenica per scoprire di essere valida a sé e non come un addentellato del mondo degli uffici che hanno soppiantato l’umanità residenziale.
Camminarci, allora, diventa un atto di resistenza come quello di un singolo contro l’Organizzazione. Un atto sempre più raro, destinato ai vecchi e ai fortunati che hanno potuto tirar fuori soldi per viverci o continuare a farlo e non contarli agli altri per lavorarci. In ragione di questo ha visto sparire i negozi per fare la spesa in favore dei locali per passare una serata a tavola (anche qui la globalizzazione c’entrerà qualcosa, no?). La domenica di piazza della Regina ha l’andamento slow e un po’ zombie di chi esce da casa a testimoniare che qualcuno ancora ci vive in mezzo a questi palazzi di muri spessi e riscaldamento condominiale. Disposti per scala e per lettera. Due passi in mezzo a questo rombo laico (come mai a nessuno è venuto in mente di costruirci una chiesa?) e ci si sente in un concetto senza poteri stabiliti, quello del transito, dell’andare in cui fermarsi è davvero un atto resistenziale.
Da fare
Una amatriciana da Emilio – via Alessandria 189 – tel. 06 8558977
Un’ombra di vino da D’Orio – piazza Regina Margherita, 9 – tel. 06 4425 0905
Un gelato dai Gracchi – viale Regina Margherita, 212 – tel. 06 8535 3508