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Riparare la Ferrari a Roma

Questo articolo è uscito il 17 agosto 2008 sulle pagine romane de “l’Unità” con il titolo “Casa Ferrari è al Tuscolano”. Lo ripubblico così come uscito.

 

Un cancello rosso, con una fascia bianca e sopra una banda tricolore. A fianco il simbolo del cavallino rampante. Mi viene da pensare “eccomi nei box della Ferrari” ma mi guardo intorno e sono nel cuore della Tuscolana, a due passi dalla Palmiro Togliatti che – le va riconosciuto – ogni tanto ospita i suoi bravi Raikkonen. Fuori dal mio cancello la scritta inequivocabile “Carrozzeria autorizzata Ferrari e Maserati”. Sì, d’accordo ma siamo nel cuore di Cinecittà, che ci farà in quest’isola di medietà, di stipendi fissi, di fare la spesa l mercato, una carrozzeria per generi di ultra-lusso?

Risponde il titolare, Gianfranco Urbani, quarantadue anni di Ferrari sulle spalle e sui capelli bianchi: “Io riparo la carrozzerie della Ferrari da sempre. Poi un concessionario mi ha convocato e mi ha chiesto di essere il responsabile della carrozzeria ufficiale ed eccomi qua. Qua come altrove. In tutti i casi i ferraristi (quelli che la Ferrari ce l’hanno, non quelli che la tifano, è bene puntualizzare NdR) stanno qui come altrove”. Sulle motivazioni del lavoro, sul perché il Signor Urbani sia meccanico delle rosse, le parole volano alte (o basse, a seconda del punto di vista): “A me è sempre piaciuto fare le cose perfette e ho sempre fatto cose perfette”. E nello sguardo s’insinua il piacere di avere a che fare con i gioielli. Che poi significa studiare, prepararsi, fare corsi di aggiornamento. Sulla saldatura, sull’alluminio. E dietro le spalle il signor Gianfranco (ma qua tutti lo chiamano Franco) ha un piccolo museo a parete di attestati che lo certificano.

“Non è un lavoro che si può prendere sottogamba. Hai a che fare con la perfezione e ti devi adeguare. E poi, non nascondiamocelo, hai a che fare con migliaia di euro…” Riparazioni che possono arrivare anche a 90 mila euro ma anche oltre. 10 o 400 ore di manodopera, le dime di riscontro (che sono dei piani di lavoro adatti alla messa in opera delle scocche). Poi certo c’è chi si deve far levare solo i graffi sulla carrozzeria, quelli dei “dispettosi” che magari ti sorprendono dentro qualche ristorante o locale, unico momento di libertà delle splendide biposto senza i loro piloti. Quando tentiamo di fare l’identikit di un possessore di Ferrari ci perdiamo in un campione poco riassumibile. Il tipo che mi siede a fianco – è arrivato ora come se fosse venuto a prendersi un the e a chiacchierare in un romanzo dell’Inghilterra vittoriana – ha un forno ad esempio. Una mercedes per tutti i giorni e una Ferrari per la domenica. Una macchina con cui sfidare l’impossibile ma “con prudenza – sottolinea – perché c’è gente che se la compra come un giocattolo e non sa che basta sbagliare a dare il gas e sei fatto”.

Ci guardiamo youtube come una bibbia di casi allegri o disastri. Provate anche voi a mettere nel motore di ricerca “Ferrari+crash” e vi compariranno brandelli di lamiere o disattenzioni da paperissima. Disattenzioni care. Si va dalla morte recente del rampollo della casata soviet d’Albania Hoxha a stupidate da neofita che ti costringono a settimane e mesi di riparazioni. “Bisogna saperla portare. Come nulla bruci la frizione o ti allunghi” ancora l’amico panettiere. L’incidente più comune è il fuoristrada in curva o “semicurva” come battezzano l’inganno della strada. Ma c’è chi tampona nonostante i tanti sistemi di sicurezza in frenata. Urbani quell’uomo albanese lo conosceva. Una volta Dritan Hoxha gli aveva detto “a 320 è difficile levare i moscerini dal parabrezza” ma la macchina la sapeva portare, lui. E invece. Poi c’è il discorso dei limiti di velocità, del calcolo della media in autostrada. Ma anche su questo ci si attrezza. Con il navigatore satellitare e con soste ai box per il caffè. Sul fatto di andare in pista, costi a parte, non è una cosa che interessa molti. Smontiamo anche il luogo comune del ferrarista piacione. Gente con famiglia e la passione per la velocità. D’accordo ma sua moglie non le avrà detto “ci potevamo comprare una casa al mare”?

“Anche se ce n’è – spiega l’uomo del pane – di gente che fa i buffi per farsi la Ferrari è gente che non gli sposta molto comprarla”. Poi tocca vedere. Con 20 o 30 mila euro una mondial la compri, con 50 una 348. Non ce n’è per tutte le tasche ma si può fare. Tempo fa avevano pure scoperto Ferrari taroccate “ma si vede subito” dicono loro e chi le compra non è che ci cade è solo che non sa resistere al fascino di una rossa versione supereconomica. A questo punto mi levo la curiosità dei colori. Dire “la rossa” non è una giusta tautologia. Franco Urbani divide i colori per numeri: “Ti capitano 10 rosse, 6 gialle, 4 metallizzate e nere”. Dunque l’emulazione F1 non è così smaccata. Il super-carrozziere mi presenta il suo uomo di punta, Simone Baldelli. Anche lui 40 anni ma non di sola Ferrari. Uno che fa modellismo e quadri: “Quand’ero giovane mi sono costruito una Ferrari pezzo per pezzo” e mi mostra sul suo telefonino una sua opera pittorica: manco a dirlo rappresenta una macchina.

Urbani e i suoi sono anche un gruppo-spalla come si direbbe in musica. Vengono chiamati in tutta Italia e fuori per dare la loro esperienza a carrozzeria alle prese con le macchine di Maranello. Perché questo è un mondo complesso. Anche se un incidente grave distrugge un veicolo scatta l’Archivio Ferrari che va a recuperare carcasse per studiare l’incidente. Nulla si distrugge, insomma, a parte i patrimoni e, purtroppo, qualche vita. Sfogliamo l’album delle foto come se fosse un repertorio di trasformazioni impossibili e vedo carcasse mangiate ridiventare nuove e “perfette” come ripete ossessivo Urbani in un prima/dopo documentato. Dunque la perfezione è umana? Parrebbe di sì. Sgattaiolo fuori su via Papiria e sono in mezzo al caos tuscolano. Nessun rombo attorno a me. Solo l’esausto prima-seconda di gente in fila per tornare a casa dopo una giornata di lavoro. E’ venerdì. Mi viene da domandare chi di questi domani o dopodomani ritirerà dal garage la sua rossa o gialla o nera e sfiderà le foto degli autovelox. Una cosa l’ho capita: non è la faccia che conta, non c’è una faccia da Ferrari a parte quelle di Raikkonen e Massa.

Di roberto carvelli

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).