Pomezia-Gubbio A/R. Una storia incredibile che ricorda via Rasella in un libro-testimonianza di Giacomo Marinelli Andreoli “Nel segno dei padri” che esce per Marsilio. Abbiamo intervistato l’autore.
Crediamo che colpisca questa storia che racconta, perché ricorda molto via Rasella anche se erano episodi tutto sommato comuni di quegli anni?
La storia che racconto nel libro “Nel segno dei padri” è realmente accaduta e il suo antefatto è proprio ambientato nel giugno 1944, a 3 mesi dalla strage delle Fosse Ardeatine. La dinamica nella quale si è consumato l’eccidio dei 40 martiri di Gubbio è molto simile. Basti pensare che il fatto che generò la rappresaglia è avvenuto il 20 giugno, nel giorno stesso in cui Perugia, a 40 km, veniva liberata.
A Gubbio il clima era di smobilitazione per le truppe germaniche mentre i partigiani dalle colline a nord della città preparavano la discesa. Quattro giovani legati al Gap locale, seguirono due militari tedeschi (si seppe solo dopo che uno di loro, Kurt Staudacher, era un medico riservista) e spararono loro, mentre erano all’interno di un bar del centro. La morte sul colpo di Staudacher provocò la rappresaglia. In poche ore vennero prese in ostaggio oltre 100 persone.
Tra queste Vittorio Roncigli, catturato nella sua abitazione, ed estraneo sia al regime che ai movimenti partigiani. La storia raccontata nel libro “Nel segno dei padri” nasce 60 anni dopo questi tragici fatti, ed è l’amicizia epistolare nata casualmente tra il figlio di Staudachere e la figlia di Roncigli, entrambi coetanei (avevano un anno quando i rispettivi padri morirono).
Come ha trovato questa storia?
Ne sono venuto a conoscenza fin dal 2004 quando Guglielmina Roncigli e Peter Staudacher, i due figli rimasti orfani, si sono conosciuti a distanza. Per una volta, una sola volta, si sono incontrati a Pomezia e, nelle vesti di giornalista tv, feci un’intervista alla Roncigli su questo incontro.
Questa storia mi colpì molto ma non pensavo che ci avrei scritto un libro, anche perchè la Roncigli custodì in privato tutto il carteggio, anche per evitare strumentalizzazioni che temeva potessero esserci da parte dell’opinione pubblica eugubina. Da allora ne parlammo qualche volta fino a quando, una settimana prima di spegnersi per un male improvviso, Guglielmina Roncigli mi chiamò (era il gennaio 2012) consegnandomi tutte le sue lettere e quelle di Peter e mi chiese di non lasciare questa bella amicizia chiusa in un cassetto.
Che legame sente con essa?
Il mio legame con questa vicenda è particolarmente forte, proprio perchè ne sono stato coinvolto in prima persona. Quando la Roncigli mi ha lasciato tutto il carteggio (lei è morta appena una settimana dopo) mi sono sentito in dovere di rispettare questo suo “mandato”. Prima sono andato a conoscere Peter in Germania, insieme alla figlia di Guglielmina, Franca. Poi appurato che era anche sua la volontà di divulgare questa storia, ho maturato l’idea di scriverci un libro. In qualche modo, più che essere io a scegliere questa storia, è stata questa storia e uno dei suoi protagonisti, a scegliere me…
E’ ancora vivo il ricordo a Gubbio di questo episodio?
Assolutamente sì. Il Mausoleo dei 40 martiri, che custodisce le salme delle vittime della fucilazione, è meta costante di tanti eugubini ed è custodito dall’associazione “Famiglie dei 40 martiri” di cui per altro, Guglielmina Roncigli, è stata la prima presidente. Ogni anno il 22 giugno, anniversario dell’eccidio, si svolgono solenni celebrazioni, e numerose sono anche le scuole che organizzano iniziative di conoscenza e approfondimento di questo evento storico luttuoso per la comunità.
I luoghi qui hanno una loro importanza: la Germania, Pomezia e naturalmente Gubbio. Come il segno che spesso la vita viaggia per altre coordinate, non spaziali.
“Nel segno dei padri” è un titolo che evoca i tanti “segni” che questa storia lascia e di cui si nutre. Uno dei simboli viventi di questa amicizia tra Guglielmina e Peter, ad esempio, è un cactus, che il padre di Peter inviò da Nettuno il 6 giugno 1944 (prima di arrivare a Gubbio ed essere ucciso) nel giorno del primo compleanno del figlio.
Quel rametto di cactus è poi germogliato e come unico testimone vivente della storia, è stato ripiantato e curato dalla famiglia Staudacher negli anni. Quando nel 2013 siamo andati con Franca, la figlia di Guglielmina, a trovare Peter in Germania, ci ha fatto dono di una delle piante nate da quel cactus. Che dunque è ritornato in Italia, a casa di Franca. Non sarà attraente come un’orchidea, ma certamente è il simbolo di come una storia di amicizia così profonda e sorprendente, nata a 60 anni dalle stragi naziste in Italia, possa avere un testimone così improbabile.
Ma anche così significativo. Quella tra Guglielmina e Peter è una storia apparentemente piccola e periferica, ma dal valore universale: potrebbe accadere ovunque, in ogni angolo del mondo. Perchè ovunque, anche oggi, tanti piccoli Peter e Guglielmina restano senza i loro genitori, senza neanche saperlo e ovviamente senza colpa. Ma quanti tra loro riusciranno a trovare la forza di superare il “muro” del risentimento e della voglia di vendetta?.
NOTA. Ringraziamo Giacomo Marinelli Andreoli per la sua preziosa testimonianza e per averci fornito i materiali iconografici. In particolare, la foto in copertina del libro è tratta dall’archivio Fondazione Ranieri di Sorbello di Perugia, e risale a pochi giorni dopo l’eccidio (realizzata da IWM, repertorio immagini inglese).