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Il mio Pascoli

Il mio Pascoli. Claudio Damiani ha da sempre in Pascoli un interlocutore privilegiato. Qui (con Andrea Gareffi) raccoglie uno stuolo di critici e poeti e li fa confrontare con il mito Pascoli. Senza sottrarsi anche lui in un saggio di cui vi diamo breve anticipazione. Il saggio si intitola “L’era nuova. Pascoli e i poeti d’oggi” (LiberAria) con Damiani nel volume ci sono la Manstretta, Paris, Albinati e molti altri.




Pascoli dopo il Novecento

Ho amato Pascoli a scuola. Poi, nell’adolescenza avanzata, quando ho anche cominciato a scrivere poesie, e fino a vent’anni e poco più, l’ho sostanzialmente disdegnato, concordando col giudizio che mediamente quasi tutto il Novecento aveva espresso su di lui, o comunque il Novecento propriamente detto, tenendo da parte il cosiddetto antinovecento.

Mi sembrava melenso, troppo lamentoso e letterario, stucchevole. C’è da dire che non lo conoscevo tanto, avevo in mente più che altro e Myricae, in cui il Novecento, colpevolmente, l’aveva per la gran parte confinato.

Poi ci sono cascato dentro, e ancora non ne esco. E spero di on uscirne mai.

Non ci son proprio cascato da solo. Altri poeti della mia enerazione (intendo quella che ha pubblicato i primi libri intorno alla metà degli anni Ottanta) mi accompagnavano, anzi mi precedevano. Qui parlerò soprattutto di uno, ma accennerò anche almeno ad altri due, e comunque a tutto il gruppo di giovani scrittori che ruotava intorno alle riviste “Braci” e “Prato Pagano”, coinvolto negli anni Ottanta a Roma in una sorta di rinascenza pascoliana.




Sentivamo, chi più chi meno, che Pascoli non era stato capito, e che noi finalmente lo capivamo. Tra i tanti motivi per cui il Novecento non ha capito Pascoli, metterei anzitutto la sua stessa grandezza. È un fatto di forza di gravità. I poeti venuti dopo se ne scostarono, forse semplicemente per esistere.

Giovanni Pascoli (c) wikipedia
Giovanni Pascoli (c) wikipedia

E poi c’è il fatto che per motivi storici Pascoli (con D’Annunzio) partecipa ancora della fase risorgimentale, di edificazione della nuova Italia, e dunque è inevitabilmente intriso di elementi che appariranno al Novecento retorici e ingombranti.




Di claudio damiani

È nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Rignano Flaminio, nei pressi di Roma. Tra le sue raccolte poetiche ricordiamo "Fraturno" (Abete, 1987) e "Attorno al fuoco" (Avagliano, 2006, Premio Mario Luzi, finalista Premio Viareggio). Per Fazi Editore ha pubblicato "La miniera" (1997, Premio Metauro), "Eroi" (2000, Premio Montale), "Poesie", "Il fico sulla fortezza" (2012, Premio Camaiore, Premio Brancati) e "Cieli celesti" (2016).