Si chiama Ion o John o Gion. Per quel che conta il nome. Il nome a cui diamo il massimo dell’importanza e che poi a poco serve se non a chiamarci. Cosa che faremmo altrimenti.
Si chiama Ion – assumiamo – e fa il violinista al semaforo di corso Trieste. Posso pubblicare una sua foto? Sì. Il resto è intraducibile.
Suona da anni. Chi gli ha insegnato? Tante omissioni di traduzione che lasciano inalterata la sua arte temporizzata a luci e minuti e monete.