Siamo astromicronavi, versi dalla nuova raccolta di Silvia Salvagnini “Il seme dell’abbraccio. Poesie per una rinascita” (Bompiani).
siamo astromicronavi
dopo le semisillabe
di noi orizzontali:
siamo ci svincolo/termico/lasciati.
scrivo che mancano i baci
i beni, i stringi fiati
il conforto delle tue mani/sui lati
NOTA DI LETTURA
Bisognerebbe “tornare a parlare d’amore” e Silvia Salvagnini lo fa. Partendo da un dato soggettivo terribilmente rilevante. L’esperienza assoluta. Dell’amore sensuale, dell’amore tradito del barbablù a cui dedica una sezione che per quanto “personale” finisce per venire “sociale”.
Si tratta di dire in un canto assonante, la propria condizione di amata/amante.”Ho le gambe gonfie / un amico che vende il farro / un marciapiede rotto” eppure posso dire. Finché – è chiaro – posso. Ci sono casi in cui Silvia Salvagnini si autocensura: “tu sei il in terra”: IL, semplicemente IL (il non detto, il non dicibile). Non sempre nominare è possibile. Non sempre dire è la risposta.
E ci si definisce per negazioni, contraddizioni (e, frequentemente, cataloghi): “io non vado in palestra / non vado più in piscina / non vado in vacanza / non tradisco nemmeno più”. Per analogie (“come un kiwi crudo”) mentre la vita dà un suo schiaffo semplice per associazioni stupide che sembrano cruente “il mio amore rimane. / e vai a fumare”. Troppa fatica? Troppo dolore? Forse sì, ma, in palio, alla fine, c’è una (possibile) rinascita.