763. Un numero di bus che vuo dire esercito, caserme, divise. Ma è un bus per tutti.
Cecchignola. E’ facile accendere quella immagine che a noi romani ricorda la torre a campeggiare sulle caserme. Quella che ti trovavi sempre all’orizzonte con le sue lucine rosse a segnalare l’ingombro per gli aerei. Ricordi di gente che fa o ha fatto il militare da queste parti. Amici che riaccompagnavi alla fine dei loro turni di libertà tra le operazioni, le esercitazioni.
E’ il gioco della gerra ti dicevi. Perché non eravamo in guerra. Quindi sì, era un gioco. Eppure esisteva un esercito, soldati, armi. Tu, sì, forse tu eri più pacifista. Ma anche questi amici spesso lo erano, pacifici. E tornavano tomi a quella linea di confine. Ecco, ti dicevi tu, pacificamente, pacifisticamente e anche un po’ ingenuamente: là dentro si fa la guerra.
E ripartivi.
Poi è capitato che lì ci abitassero amici e che tu non avevi la macchina disponibile e salivi su quel 763. Ti mettevi lì, al fianco del conducente. Sembrava un film con Tom Cruise. Una base militare chiusa a tutti tranne che a voi. Le fermate avevano il suono di cose ben stabilite. Faceva venire in mente un plastico, un negozio di modellistica, un gioco da tavolo.
Eppure tutto sembrava serio.
Anche l’autista lo sembrava e andava a una velocità da attraversamento del fronte. Come se passasse su un campo minato. Attento a non intercettare esplosivo o come se temesse agguati.
Qualcuno nella fascia centrale faceva jogging. Un po’ ci sta: i film sono pieni di soldati che corrono. Che si allenano. Deve essere vero anche fuori dai film.