Prova costume, quella suggerita da un racconto tratto dalla raccolta di Beatrice Masini “Più grande la paura. Sette racconti e una novella” (Marsilio).
Quasi estate. C’è bisogno di preparare qualche determinazione nuova: togliere qualche chilo, qualcuno una base artificiale di pre-abbronzatura per non partire da zero, prenotare qualche viaggio, fissare una cabina o un ombrellone in un litorale comodo, comprare qualche libro da leggervi sotto.
Forse, per quest’ultima, vi dovete fidare delle classifiche dei più venduti come un tripadvisor dal gusto prederminato e social. O il passaparola. Non so se credete nel passaparola ma questo vuole esserlo.
Il libro è di un’autrice che non conoscevo anche se nota e prolifica. Beatrice Masini è il suo nome. Il titolo del libro passaparolato è “Più grande la paura. Sette racconti e una novella” (Marsilio). Titolo che nasce da questo esergo:
“Amore e paura crescono insieme con una precisione quasi matematica: più grande è l’amore, più grande la paura. Josephine Johnson, “Ora che è novembre”.
Il racconto che vi consiglio e che ho letto con piacere, apprezzandone grazia e meticolosità di scrittura, è “Principesse”. Una cosa, prima di tutto, sul metodo: mestiere più sensibilità fanno grande una storia. Solo sensibilità è un rischio, solo mestiere un rischio anche quello ma – potendo scegliere – meglio un cattivo mestiere che una cattiva sensibilità.
Il caso della Masini fa eccezione perché assomma bene le due qualità. Situazione: un papà va al mare con la sua piccola – “due solitudini armate che si affrontano”.
Sono partiti alle 6 per confrontare passato (la spiaggia scelta è quella dell’infanzia del papà) e futuro. Colazione super zuccherosa e poi spiaggia e qui l’incontro con una donna del passato. La bimba che aveva sonnecchiato in auto finge di farlo al mare mentre i due si ritrovano in uno spazio vuoto di anni. L’uomo e la donna: Andrea – un passato non da Adone – e Mirta – un passato comunque da dea.
“Mirta non è una a cui puoi dire tutto, non le interessa, starebbe a guardarti con la bocca socchiusa e a un certo punto riderebbe di te, delle tue miserie, di quello che non sei diventato, come una volta rideva, si alzava scrollandosi di dosso gli sguardi umidi di desiderio e andava via con quelli del Bagno Tahiti, più grandi, più ricchi, meglio vestiti”.
Le schermaglie continuano e si infittiscono tra ricordi, amori inespressi, rivalse. Chi narra continua a osservare tutto e a raccontarlo con veloci pennellate con contengono tutte le sfumature di una sensibilità a cui non sfuggono neppure i segreti sentimenti della bambina.
“Lui distoglie lo sguardo perché faccia meno male, fissa invece la bambina, stringe le labbra: siamo i giocattoli di cui si è stancata”.
Figurarsi le piccinerie reciproche dei due che sembrano non voler smettere il loro passato: un adulatore e un adulata. Senza dimostrarsi stanchi del passato. Ognuno in questo racconto è stanco di qualcosa che non ha mai iniziato a essere. Non ha iniziato ad amare, non è diventato padre, non si è arreso alla mancanza di attenzione verso sé e gli altri o alla troppa (che è lo stesso dire).
Sperando che la vostra estate sia più allegra di questa “aria di mare e una stupida nostalgia che si è trasformata in speranza”, siamo sicuri che la lettura del libro della Masini vi renderà un po’ migliori, solo più riflessivi, meno arresi alla facilità di una deduzione sbagliata.
Per completezza di titolo e per finire il sillogismo dell’esergo possiamo dire che poco amore fa poca paura. Ma senza paura – quella di essere un bravo genitore (anche da separato, come nel racconto), un buon marito o moglie – non c’è gioia.
Sono cose sanno bene anche i figli, nonostante le distrazioni che proviamo a comminargli: pizza, bevande zuccherose, gelati, giocattoli e una giornata al mare in cui li chiamiamo per una volta “principessa” con troppa poca convinzione.