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Matera, INA

Matera e il progetto INA-Casa in un libro prezioso di Stephanie Zeier Pilat, Ricostruire l’Italia. I quartieri Ina-Casa nel dopoguerra (Castelvecchi).

Il prezioso lavoro – per cura grafica e fotografica (da cui traiamo questa immagine inizi anni 50) oltre che d’indagine – è inconsuetamente non nostrano.

L’autrice, docente di architettura alla Oklahoma University ricostruisce un periodo di interventi urbanistici molto italici anche se al tempo stesso riflesso di una polita americana postbellica.

Ricostruire l’Italia, titolo simbolico per questo studio del progetto INA Casa, ci porta allo spirito dell’operazione. E anche alle sue criticità, quelle riconosciute dagli stessi architetti.

Lo spirito della iniziativa è ridare una partenza all’Italia, togliere le persone da condizioni di sovraffollamento o, vedi Matera e Napoli, da condizioni di vita in “grotta”.

Oltre ai 2 milioni case distrutte e 4 milioni di abitazioni danneggiate dalla guerra spingono a ricostruire.

Dal 1949 al 1963 furono costruite 350 mila nuove case per un milione di abitanti, cambiando significativamente la media di abitanti per vano.

In ogni caso, un’impresa titanica, un piano di ripartenza mastodontico con effetti anche sociali significativi.

Anche nei termini dei nuovi modi di abitare e del ripensamento degli stili di vita.

L’autrice si attarda sul progetto di sgombero forzato dei Sassi materani. Delle critiche, ad esempio di Toxey (che però aveva una concezione dell’Italia a tinta unita e considerava il caso lucano non unico).

Fu vera necessità spostare dalla case in grotta e dai relativi stili di vita i materani? E perché si chiede l’autrice non c’è traccia di delusione e contrasto nella memoria di quegli attori di sgombero, oggi?

Di certo deve essere stata una svisata antropologica non secondaria spostare la gente dei sassi nel nuovo quartiere INA. Di certo lo sviluppo della città ha portato delle stimmate non tutte luminose.

Ma questo forse è un altro discorso. Che ci riporta a bomba al tema del grande piano fanfaniano, delle sue criticità. Anche se oggi, in parte, viene da rilanciarne o ricordarne la capacità propulsiva.

In questa immagine – come detto tratta dal libro – un momento del work in progress INA Casa. Un anziano signore dall’aria semplice consulta curioso il multiplo cartello. Che assomma un invito al lavoro e prospetta il futuro abitativo. L’uomo guarda tra il perplesso e il curioso l’ampia nomenclatura esposta. Nell’immagine sembra esserci tutto il passaggio da un mondo a un altro. E – oltre ogni polemica – tutta la porta antropologica del salto da i sassi al cemento.