Al Monk per Bugo. Una serata a Portonaccio per ascoltare il concerto di uno dei miei autori preferiti.
‘Che diritti ho su di te’ è la prima canzone che ho sentito di Bugo alcuni anni fa (temo almeno dieci) quando, universitaria in erba, scorazzavo felice nelle aule di Lettere e Filosofia in quel di Bologna.
Negli anni successivi ho continuato ad apprezzare il ragazzo per la sua franchezza ed eterna voglia di sperimentare.
“Che diritti ho su di te?
Non sempre ciò che dico è giusto
Pensare di avere buon gusto
Che diritti ho su di te?
Quando vieni in città?
Più vicino per sentire la tua mano
Per andare con te più lontano
Quando vieni in città?
Cosa ci aspetterà?
Nel bidone tutti i dizionari
Sul tabellone non ci sono gli orari
Cosa ci aspetterà?”
Quando l’ascoltavo all’epoca visualizzavo una Milano (la sua, di Bugo) che conoscevo ancora poco e immaginavo questa persona in attesa che l’altro/a venisse in città.
L’altra sera invece il tabellone senza orari nella mia mente era quello della stazione Tiburtina lì a due passi.
Quando sono arrivata quattro anni fa questa stazione era uno scheletro di presunta modernità. Proiettato verso un futuro ad alta velocità gestiva credo davvero pochissimi treni e gli spazi di questo blocco brand new erano completamente vuoti, come abbandonati. Dentro non c’era praticamente un cane e l’atmosfera era come congelata.
Oggi l’hanno riempita di negozi e punti ristoro che aprono e qualche volta chiudono. Una Termini 2, la vendetta. Ma più periferica, secondaria. E per questo assai più malinconica. Preferisco ricordarmela tutta vuota e tutta nuova, un po’ una metafora della mia vita al tempo del mio atterraggio qui.
Quando ho scoperto che Bugo aveva nei suoi piani una tappa capitolina mi sono fiondata ad ascoltarlo.
E così ho visto per la prima volta il Monk in via Giuseppe Mirri. Una strada chiusa che finisce in erba dopo aver passato capannoni e depositi di bus. Il vero post-industrial non artefatto.
E’ stata una piacevole sorpresa per me che non sto a Roma da così tanto. Una sorpresa che credo abbia fatto smettere a molti di rimpiangere il Circolo voisapetequale. Voglio tornare in estate a vedere l’animazione degli spazi esterni. Intanto ho apprezzato l’interno, l’accoglienza dei divanetti rossi sui quali mi sono riposata prima dell’inizio del concerto.
Il Monk è rinato dalle ceneri di La Palma. 5 mila metri quadri di cui mi hanno raccontato serate mirabolanti di musica e cinema estivo addirittura. Fino a sette anni fa quando chiuse definitivamente per riaprire nel 2014 con questo nuovo nome meno balneare e come circolo ARCI – C’MON voluto da MINIMUM FAX LIVE, costola della casa editrice Minimum Fax, e la AUSGANG che organizza concerti.
Il concerto inizia: balzo in piedi e mi posiziono sotto il palco.
Christian Bugatti arriva con i capelli sugli occhi un giubbotto di pelle nera e la maglietta con scritto Bugo.
Canta suona salta, sfrega la chitarra ovunque. Ci fa cantare con lui. ‘Daje Bugoooooo’ urla il pubblico (eh certo siamo a Roma!). E lui non se la tira nemmeno un secondo.
Quando attacca ‘Che diritti ho su di te’ non resisto e faccio un video. Il mio telefono è so basic e la qualità è bassissima… Ma tant’è, nel bidone tutti i dizionari… credo che nella mia vita romana e nei miei ricordi questo gracchiare delle cuffie varrà quanto il migliore HD. Ve lo pubblico qui.
Per info.
www.monkroma.club