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flânerie e viaggetti

Alla Casa del Jazz feat. John De Leo

Alla Casa del Jazz a Villa Osio feat. John De Leo.




Per me c’è un compleanno di Roma alternativo al 21 Aprile. Il giorno in cui festeggio Roma è il 1 Marzo, anniversario del mio arrivo qui da “abitante” e non più da vacanziera. Il giorno dell’entrata nel mio minuscolo appartamento di soppalchi e polvere nei pressi di Piazza Tuscolo.




Mi ricordo che mia sorella mi aveva prestato una specie di guida tipo “Top ten di cose da fare a Roma” (sic!). La guida che era scritta da un’anglofona (per anglofoni immagino) comunque si sforzava di cogliere lo spirito italiano (grazie!). Seppur sommaria e sbrigativa aveva un bel paio di paginette dedicate al jazz che è uno dei generi musicali che preferisco. Quando ho letto di quel meraviglioso luogo che è la Casa del Jazz mi sono immediatamente promessa di andarci al più presto.

Ma come spesso succede a Roma le promesse si dilatano… Rimangono sospese nell’aria. Ci sono e si realizzeranno ma non è dato sapere il come e il quando.

Ci vado oggi ci vado domani sono passati degli anni senza che ci andassi ma continuando a vagheggiare di recarmici. Un po’ come corteggiare una persona che ci piace da morire continuando a non invitarla a uscire.

Ebbene in un giorno di aprile dello scorso anno in un momento di pausa mi sono messa a cercare informazioni sui concerti di John De Leo (un artista verso il quale ho una smodata ammirazione). Tac! Quando si dice il caso… Quella sera c’era un suo concerto a Roma… alla Casa del Jazz! E’ perfetto! Compro il biglietto online e in folle corsa organizzo la serata per andarci.

Il concerto è stato indimenticabile ma non è questo l’articolo per parlare delle superlative e assolutamente fuori dall’ordinario capacità che De Leo ha di “suonare la sua voce”.

Vorrei invece raccontare cosa è la Casa attraverso le parole di Roberto Carvelli che così ne scriveva nel suo “AmoRomaPerché” (Electa), un libro dedicato alla nuova Roma del sistema delle “Case” e altro ancora: “L’esempio più recente e bello di questo Monopoli è quello della Casa del Jazz (che dalla Maison du jazz di Parigi prende in prestito lo slogan “Né scuola di jazz né jazz-club”) e della sua sede, Villa Osio (dal nome di uno dei fondatori della Bnl, che nel 1930, sulla base di un casale seicentesco la fa costruire da Cesare Pascoletti, un allievo di Piacentini), frutto di una confisca di beni della banda della Magliana, che nel frattempo l’aveva fatta sua.




Inaugurata il 21 aprile 2005 dopo un intervento di recupero progettato e coordinato da Zètema, prima di ospitare improvvisazioni e ritmi sincopati (il motto scelto è in realtà “Non significa nulla se non ha swing”, e viene da Duke Ellington) era stata residenza di un boss, Enrico Nicoletti (per mano sua ampliamenti e modifiche all’insegna del kitsch seguono precedenti abusi).

Tre edifici e un grande parco, e qui concerti, conferenze, mostre, proiezioni, seminari. Un auditorium da 150 posti, una biblioteca, un archivio audiovisivo, un’area ristorazione e caffetteria aperte anche fuori dall’orario della Casa e la possibilità di accogliere nelle residenze i jazzisti in transito romano.

Più di ogni altra cosa forse colpisce la disponibilità di un piccolo studio di registrazione […] Ed è pure una vittoria sulla criminalità di cui è testimonianza una targa all’esterno (realizzata con l’associazione Libera di Don Luigi Ciotti), dove si ricordano i nomi delle vittime di mafia e la confisca, la requisizione e, dopo, l’assegnazione alla città, la restituzione alla cittadinanza”.
Andateci!




Di mary de gregorio

Laureata in storia a Bologna con tesi sul femminismo è insegnante e ricercatrice indipendente ed esperta di studi di genere.