Delle volte guardo i manichini con aria costernata. Altre volte incuriosita. Altre ancora dispiaciuta. Perché stanno lì? Chi li ha scelti?
#manichini

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).
Delle volte guardo i manichini con aria costernata. Altre volte incuriosita. Altre ancora dispiaciuta. Perché stanno lì? Chi li ha scelti?
L’invettiva è un genere che ha la sua forza corrosiva, talvolta letteraria. Iniziamo qui una rassegna di brevi malumori e idiosincrasie.
Zingari o turisti? Come conoscere le città? Davanti a un espositore di cartoline di Roma. Che ci faccio? E che ci fareste voi? Voi – come me – romani. Che ci dovremmo fare, noi? Perché comprarne una? A chi spedirla e cosa scriverci? Ma anche chi, turista, passasse da Roma, sceglierebbe ancora questa forma di saluto con annessa immagine oleografica?
Ostia is the new black. Sembra dirlo il cinema e ribadirlo la letteratura da cui spesso quel cinema è tratto.
Questi estratti sono tratti dall’intervista a Vincenzo Cerami raccolti da Roberto Carvelli nel libro “Perdersi a Roma”.
Giulio Mozzi è nato a Padova nel 1960. La raccolta che lo ha fatto conoscere “Questo è il giardino” (Theoria,1993) lo ha subito eletto come uno dei più interessanti autori italiani di racconti. Seguono quelli de “La felicità terrena” (Einaudi, 1996). Il suo ultimo libro è “Favole del morire” (Laurana, 2015). Tiene corsi di scrittura, è consulente editoriale e animatore di uno dei più importanti blog dedicato alla scrittura: Vibrisse.