Immaginatevi Italo Calvino con Salvatore Settis in cima alle impalcature della Colonna di Traiano allora in restauro. Lo scrittore non può non cedere alla tentazione di scorrere le gesta dell’imperatore – rappresentato per sessanta volte – come un lungo infinito fumetto. Una specie di nastro che scorre e dipana le vicende dell’imperatore, a strisce. Era il 1981. Era un articolo per “la Repubblica” (ma io lo rileggo in quel piccolo compendio di colte curiosità raccontate con arte semplice che è “Collezione di sabbia”).
Categoria: flânerie e viaggetti
Io, Termini
Io, quando partivo, anni fa, da qui partivo. E quando arrivavo qui arrivavo. La misura di ogni andare e tornare questa era. Una figura geometrica. Una cornice. Un bordo bold che incorniciava una vita.
La Stazione Termini si annunciava in una mostra di tableaux vivants. Una carrellata di facce, un mazzo di carte – tarocchi che predivano il passato – dal dimesso al distinto saltando povertà e disagi. Che non ero abituato a vedere. Che non erano abituati a mostrarsi.
Affinché quel pacchetto avesse regolarità c’era bisogno di una cornice e la cornice era la panchina. Tutto intorno alla quale pendevano i carrelli dei facchini in una livrea semplice. I pacchi legati con lo spago. Le valigie senza stilisti e le colazioni da viaggio. Solo allora e solo così andavi. E tornavi.
Pensieri scritti sotto la neve. Un omaggio a Villa Borghese e a Wislawa Szymborska scritto nel giorno della sua morte.
Voglio porre una questione spaziale o, meglio, di consumeristica (talvolta dà un sottile piacere decontestualizzare parole – un po’ brutte, diciamolo! – che sono talmente invalse nell’uso da costringerci a pensare che possano avere un significato al di fuori del loro campo semantico specialistico): sono rimasti pochi cinema con la galleria.
Un compleanno alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, un modo allegro ma anche serio di festeggiarsi alternativamente (nella foto, “Atleta che lotta con un pitone” di Frederic Leighton, 1877).
Accogliamo con un applauso la videomaker Myrice Tansini, fiera dueruotista senza motore bolognese trapiantata a Roma. Che così si definisce: “Mi sono tuffata nei quarant’anni, attraverso venti romani e di documentari. Amo i gesti semplici, la base di tutto, la delicatezza e la forza della poesia”. Di seguito il suo primo pezzo in bici: “Ritratto di persona che pedala”.