Cutusio / Cutusìu è un luogo reale ma pure uno spazio immaginario distillato dalla poesia di Nino De Vita che qui leggiamo da “Antologia 1984/2014” per la cura di Silvio Perrella e i tipi di Mesogea.
“Scinnennu ru timpuni / ri Cutusìu” ecco tutta la poesia del poeta dialettale marsalese Nino De Vita nasce attorno a un luogo che esiste e che pure contribuisce a creare nella sua novità esperienziale. Uno scendere verso, da un’altura alla pagina, una calata che sedimenta linguaggio e insieme un luogo – e la consequenzialità non sembra certo casuale.
Perché la poesia di questo poeta è come un mulino dell’orizzonte dei vasconi su cui si affaccia Cutusio. Un vorticare di vento che continua a girare dal 1984. Dapprima e solo incidentalmente in lingua e dopo di allora – nonostante l’attenzione subitanea di Raboni – in dialetto.
Il vento ha sempre fatto il suo giro e De Vita ha conquistato nuovi lettori senza perdere l’araldica dei grandi siciliani amici – Sciascia in testa ma anche Consolo – e l’iniziaticità dei piccoli segreti passati di mano in mano e di bocca in bocca. Il piccolo miracolo della poesia di questo dialettale è stata infatti questa circolarità costante. Trovare un centro – il verso, il dialetto, un luogo preciso nello spazio siciliano – è stato il suo sempre, classico e imperituro.
Tutto nasce attorno a un bbagghiu, un baglio, e tutto vive attorno a un’epica di case in cui l’infanzia si fa crescita e formazione senza incantamenti. Forse è il destino di un luogo in cui la magia è già pronunciata dalla Natura. Da qui la continua forza del verde dell’orto e del cielo e i suoi uccelli così presenti e felici nell’habitat salino.
Come spesso accade la ragione della poesia è nel farsi cantare da un luogo, come usava nell’antichità più lontana e spesso senza nome dei ripetitori di storie primitivi.