Diario di giorni e storni. Al quartiere Italia. Gennaio 2018.
Poi il quartiere Italia si è tinto di nero a spruzzi. Un colore passato a spatole. Verso e recto. Una doratura ma nera sull’azzurro del cielo. E poi il contrario. Con forme oblunghe come nella sigla del FINE TRASMISSIONE della TV delle origini.
Erano storni mai visti prima qui. precisamente qui tra vie con nomi da atlante dello stivale: Messina, Bari, Catanzaro.
E cadevano. A pioggia. A gocce. Talvolta uno finiva dietro la finestra. Ma senza morire così. Solo immobile. Come stregato.
Dopo – più tardi, nella sera – guano a scendiletto sotto gli alberi dove avrebbero dormito la notte. Lungo via XX settembre. Infine carcasse a terra che poi la Asl raccoglieva e inceneriva. Ecco la vita di un animale gregario e di gruppo. Finisce così. Senza troppo clamore se non quello degli interrogativi scientifici dell’etologia e della profilassi.
Roma guarda sopra di sé una natura che non capisce. Che non conclude in un viavai prefissato salvo incidenti. Forse le domande si spengono in traffico e incidenti aerei. Come un raccordo o una tangenziale che si intasano e poi crashano. A file, code, tamponamenti. Abbiamo sempre bisogno di capire la natura con le nostre categorie del pensiero.
Il pensiero degli uccelli nei giorni. Gli storni.