La Est, Est, Est o Pizzeria Ricci al quartiere Viminale è uno di quei luoghi familiari in cui è bello andare a prescindere dal gusto e dallo stomaco.
Avete presente quei ristoranti confortevoli. Quelle pizzerie in cui attendere l’arrivo del cameriere non porta nessuna frustrazione o ansia? Avete presente quei tavoli a cui ti siedi con l’aria placida che hanno i gatti da appartamento? Ecco credo che la Pizzeria Ricci o altrimenti detta Est, Est Est abbia rappresentato per la me ragazza e ora, non più ragazzissima, rappresenti ancora uno di questi confort naturali. Un balsamo serale.
Intanto mi scuso perché vi ho lasciati a bocca asciutta per un po’. Dire cosa mi è successo nel tempo che non ci siamo sentiti è lunga cosa. Come avrebbero cantato i Pink Floyd “You fritter and waste the hours in an off hand way, kicking around on a piece of ground in your home town, waiting for someone or something to show you the way”.
La via non l’ho trovata ma voglio mostrare a voi quella della Antica Bottiglieria Ricci. E provare a spiegarvi da cosa nasca il beneficio di questa confortevolezza di cui vi dicevo.
Dalla pizza, intanto; più piccola e alta. Non napoletana, per capirci. Piuttosto, una vaga somiglianza a quegli impasti che tua mamma o anche tu avete tentato a casa. Con legittima gioia e soddisfatte lo avete detto il giorno dopo alle amiche e siccome qualche angolo è avanzato lo avete offerto e chi l’ha provato ha detto quello che si dice della pasta al forno ma che della pizza poco usa dire. Insomma: genuinità.
Ma la pizza arriva dopo, dopo un ordine e un’attesa. Il tempo per guardare il menù. Poi magari una pioggia di fritti.
Il tempo per fare il giro del locale e ammirare – seconda confortevolezza – quell’arredamento un po’ provinciale così raro a Roma (perché Roma ha finito per perdere l’aspetto bello della provincia italiana senza aver acquistato un deciso senso di metropoli). Eccomi in giro tra i tavoli a pavoneggiarmi nel mio completo nero lungo un po’ esagerato per la serata. In mezzo a questo arredamento di castagno che viene diretto dagli anni Venti e da “intagliatori ed ebanisti fra ex combattenti di Via Tripoli Roma”. Ma siamo già in avanti. La Est Est Est esisteva già. Come si legge nel loro sito: “L’Antica Pizzeria Fratelli RICCI EST! EST!! EST!!! iniziò la sua attività nel 1888, con il nome di “Bottiglieria EST! EST!! EST!!!”, fondata dal Cav. Ambrogio RICCI, il quale vendeva nel locale di Via Genova 32 il vino che produceva nei suoi terreni della Tuscia. Fu solo all’inizio del ‘900, con l’avvento dell’elettricità, che cominciò a produrre la “pizza napoletana” che in poco tempo ebbe un grande successo”. E negli anni Venti, all’inaugurazione, venne anche Guglielmo Marconi.
La ghiacciaia originale e quella statua che il Cavalier Ricci, acquistò presso il Palazzo delle Esposizioni, una scultura di bronzo realizzata dal famoso scultore Attilio Selva (1888-1970).
Che bello sentirsi tutto attorno la grande tradizione di questa città e delle sue campagne circostanti. I ristoratori amatriciani o i vinai della Tuscia. Vedere che non ha dovuto per forza rinunciare a se stessa, scendere a patti col diavolo per acquistare stellette in cambio di rinunce sentimentali.
Quando sono tornato al tavolo la pizza era arrivata e il gruppo dei miei amici allegramente gozzovigliava.
La mia pizza – abbastanza un grande classico (ton sur ton) – mi aspettava.
Intanto al tavolo a fianco avevano ordinato una pasta con il rituale della mantecatura nella forma di pecorino. Un rituale che incanta e che certo non è replicabile a casa.
E così siamo andati a casa. La comitiva si è sciolta e io mi sono sentita tranquilla e pronta a mettermi sotto le pezze.