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Ferro e fiume – Il Gazometro

Il gazometro e tutte le stelle che ci girano intorno.




Roma ha costruito nei secoli un emblematico sistema di rovine. Ne fanno parte, quasi ab urbe condita, i resti delle vestigia romano-antiche e l’insieme di catalogazioni residuali non si è fermata ma è continuata nel tempo. Il secolo che ci siamo lasciati alle spalle ha proseguito l’opera di stratificazione. Complice la guerra, angoli della città hanno registrato sotto il segno delle bombe nuove interruzioni dell’architettura che sono diventate definizione (e definitività) a sé. Il caso del Gazometro, invece, fa scuola a prescindere.

Diventando quanti altri mai simbolo della città, almeno dal suo lato Ostiense. L’inserto di ferro, che si erge lì a due passi dal greto del fiume Tevere, ha per noi la stessa capacità di farsi icona di un Colosseo o di un Pantheon.
 

 

 

Sappiamo che tutte le città hanno un qualcosa di simile. Abbiamo visto analoghe ragnatele di ferro in luoghi diversi o film ambientati in un altrove abbastanza somigliante. Eppure ci siamo scelti questa piramide ariosa di gas come indice di un luogo tutto romano. Con una fierezza forse polemica contro l’idea di una Capitale troppo storica per viverne il presente. Ci piace l’idea che fra non molto questa cartolina vorrà abbracciare un’intera area industriale. Condividiamo con comprensibile esterofilia la scelta di dare alla ex Mira Lanza il profilo di un teatro dalle scelte avanguardistiche (l’India), alla centrale elettrica Montemartini il compito di conservare marmo iperstagionato in mezzo alle turbine. E, in fondo, speriamo che dotarsi di una nuova sacralizzazione della città più vicina a noi ci renderà meno oleografici eredi dei lontani gladiatori. Forse una specie di rito apotropaico per dirsi eterni senza andare troppo indietro con lo sguardo.

 

Nell’attesa della definizione del progetto della “città della scienza” sarà bello tracciare – per esempio la domenica – la linea che va da Porta Portese e dal suo mercato alla stazioncina dei treni verso Ostia. Passeggiare lungo il profilo stretto del ponte e guardare attorno questo scenario fluviale aprendo una via verso il nuovo status symbol di Eataly mentre sotto vediamo l’organizzarsi dei reparti di vigili “sommozzatori”. Pranzare anche tardi al nuovo Porto Fluviale (un ristorante nato da subito con l’aria tutta americana di chi fonde romanità culinaria rivisitata e futuro con una strizzatina un po’ stilosa agli United States). E poi, sì, ritornare alla città di reperti che immobili ci guardano da millenni con quello sguardo un po’ ilare che sembra dirci: “Io rimango qui da sempre mentre voi tutti passerete”.

Da fare
Visitare il museo Centrale Montemartini
Fare la spesa da Eataly
Andare al Teatro India
Mangiare a Il Porto Fluviale – Via del Porto Fluviale, 22, tel. 06 574 3199

Di roberto carvelli

Founder e direttore di "Perdersi a Roma" collabora con Il Messaggero, il Venerdì e Nuova Ecologia. Ha pubblicato libri di prose, poesie e narrativa di viaggio tra cui "Letti" (Voland), "AmoRomaPerché" (Electa-Mondadori), "La gioia del vagare senza meta" (Ediciclo), "Fùcino" (Il Sirente), "Il mondo nuovo" (Mimesis), "Andare per Saline" (Il Mulino) e "I segni sull'acqua" (D editore).