Giorgio Foresto, al secolo Giorgio De Gaspari, rivive in un libro antologico della npe “Giorgio Foresto. Avventure a colori di un pittore fuggiasco” curato da Giovanni Scarpa.
Giorgio De Gaspari nasce in provincia di Milano il 30 Gennaio 1927 e inizia a fare i promi schizzi sembra sotto l’influsso del padre disegnatore tecnico, a Torino, dopo aver visto un’opera lirica ma è da quando diventa a Venezia e in veneziano El Foresto (da cui la firma Giorgio Foresto) che la sua vita finisce per prendere una sterzata fascinosa e interessante.
Prima c’è il grande successo della sua attività di illustratore e fumettista, è vero, per La Domenica del Corriere e il Corriere dei Piccoli, la Dami, la Fleetway, Reader’s Digest ed Epoca.
Ma è quando sparisce all’imrovviso dalla Milano di Brera per riparare nell’isola di Pellestrina nella laguna veneta che la sua vita prende un nuovo corso.
Una mattina del 1970 il più importante illustratore italiano, Giorgio De Gaspari, sparisce da Milano senza lasciare traccia.
Qualche mese dopo in una sperduta isoletta della laguna veneta un barbone chiede di poter dormire nella barca di un pescatore: si fa chiamare “Giorgio Foresto”.
Cominciano così le avventure strampalate di una delle figure artistiche più sfuggenti del ventesimo secolo. Una vita custodita da un mistero non ancora del tutto svelato.
Così recita la quarta di questo volume dedicato all’estro fuggitivo di Foresto. Che spazia tra viaggi esotici e ritorni (sempre a Pellestrina). Sempre amato e rispettato dai grandi contemporanei. Come Sergio Toppi (che scrive “E poi c’è quello che tutti guardano con una somma di invidia terribile: Giorgio De Gaspari”).
L’illustratore “ama lo squero, il cantiere navale. Quel luogo operoso e in fermento, luogo dello sguardo, dovele barche issate per il calafataggio odorano di alghe e acquaragia. Maestose e immobili” e nel suo studio senza bagno pensato per la compagna Marlene deve arrangiarsi anche per i bisogni da qui la curiosa vicenda finita in una tavola di scuse appesa alla parete del barbiere Ivo per anni.
Foresto è un talento indomito e misterioso, un talento che ha traguardato il tempo e lo spazio. Il libro è colmo del suo estro a pennellate di isole esotiche e vicende altrettanto estrose come la corsa, 500 metri in retromarcia, all’ospedale reparto maternità con la skoda bianca del pittore per assistere al parto della moglie di un amico, Viviano.
Dietro alla vicenda di Foresto sembra aleggiare il mito del viaggio e delle svolte impartite alla vita con forza e leggerezza. Muore la moglie, intona al funerale un canto per lei, poi bar Giamaica e via verso l’avventura veneziana.
Nel 1971 o giù di lì, Giorgio si fa costruire un atelier in mezzo all’acqua. Lo chiama “Il Mondo della Luna”: una palafitta “mite ed accogliente” che campeggia nella copertina del volume e dove lui e Marlene possono ritirarsi in pace e tranquillità circondati dal lento fluire dell’acqua, incorniciati solo dalla luce del sole.
Foresto ama i pastiche figurativi nei quali le sue stesse opere tornano adagire nel tempo e nello spazio in un gioco di specchi, la Venezia notturna e fantastica, caotica, carnevalesca e gotica come nel dittico scelto per rappresentare la sua opera nel volume.
Spirito guida sempre presente il Lewis Carrol di Alice, usato anche in esergo. Meraviglie cercate e trovate nell’altrove e nel presente e la sua concretezza.
“Ma come fai a disegnare i cavalli così, senza riferimenti fotografici” ebbe l’ardire di chiedergli un giorno il giovane Aldo di Gennaro. “Io conosco a memoria tutte le 205 ossa del cavallo” aveva detto allora Giorgio mettendosi a disegnarle tutte, in fila, una dopo l’altra” racconta Giovanni Scarpa che di aneddoti ne cita molti ricostruendo la vita dell’illustratore fantastico ma oggettivo nella continua ricerca tassonomica.
Ma i misteri sulla sua vita e sulla sua opera rimangono tanti. Insoluti. Il 22 febbraio 1985, durante uno dei suoi numerosi e strampalati viaggi – racconta Scarpa – Giorgio si trova in un villaggio dell’India meridionale: Pallattamkulangara. Pur cercandolo a lungo nelle mappe, rimane inedito. Segno di una passione per la giungla e luoghi sperduti e impervi, nuove avventure come quella intera della sua vita che ora a brandelli vediamo ricucita in piccoli drappi-puzzle a cui manca sempre un verso.