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Il villaggio uomini

Il villaggio uomini è una pagina tratta dal romanzo di Roberto Carvelli “I segni sull’acqua” (D editore).

Viviamo in un villaggio di uomini. Più che in un villaggio, viviamo in una landa di terra desolata e zolle di case su una pianura a perdita d’occhio.

Una terra che, anni e anni fa, è stata palude e ora è la traccia piana di una bonifica, il segno permanente di un paesaggio modificato. Per raccontarlo dovremmo scattare delle fotografie con le parole, inquadrare con l’obbiettivo della nostra lingua quello che percepiscono i nostri occhi, sapendo che nessuna grammatica può raccontare il paesaggio così come fa lo sguardo.

Nessuna parola è giusta per un colore, così provo a raccogliere nella voce immagini di tutti i sensi. Orizzontalità, odore di un mare – qualcuno di noi lo avrà visto mai? qualcuno di noi si sarà allontanato da casa per cercarlo? – non lontano, annunciato dentro un vento leggero dalla salsedine.

Certe mattine nessun odore, nessun segno di vita, neppure le ali dei gabbiani di passo. Fossati e brevi ponti su di un’acqua salmastra che scorre poco, come se canali ordinati imbrigliassero una distesa un tempo sterminata.

Certe sere un airone cenerino si posa sul canalone e pesca col suo becco lungo e la S scritta in corsivo dal suo collo.

Il cielo a volte bianco, a volte blu scuro, azzurro, rosso, altre volte tutto giallo di sole e iridescente. Altre volte pioggia negli occhi e allora gli occhi alla volta celeste vedono il rovescio nebulizzato a gocce dell’acqua dei canali.

Gli eucalipti, alberi silenziosi, sbucciati e bianchi, ventagli di strisce oblunghe di carta che suonano accordi leggeri, fischi, lamenti.

Il verticale squittio del mulino con pale arrugginite, del pozzo non più funzionante. L’abbandono dei poderi, la loro parziale rioccupazione. La lotta con i topi, – piccoli e lenti topo-ragni o grosse pantegane – e gli scorpioni e le scolopendre e le talpe che bucano la terra a mucchietti per fare la guerra a quello che a fatica piantiamo e con incertezza raccogliamo; con volpi o faine che distruggono la fortuna di chi è riuscito, non si sa come, a procurarsi qualche animale da cortile, accettando il rischio delle razzie o scegliendo bestie che altri non mangerebbero.