Un estratto dal poema “Canto dell’astronauta pazzo” (Manni editore) di Emanuele Verzotti. Vi offriamo l’inizio del canto ottavo.
“Canto dell’astronauta pazzo” è un poema fluviale ma leggibile che passa da personaggi dalla cultura letteraria e non solo: Eva madre dei viventi, Astolfo, Jurij Gagarin. E poi c’è Dio. Omnipresente, giĂ . Un messaggio visionario sul futuro che elogia la pazzia, l’amore e la poesia.
Emanuele Verzotti è nato a Brescia nel 1967, vive a Montichiari. Ha esordito in poesia nel 2004 con la raccolta “Forse come un fiore” (Campanotto), e con Manni nel 2016 è uscito il romanzo “Distinto quarantenne”.
Prosieguo del viaggio appariva irto,
mille pensieri affollavano spirto,
mondo strano dovevo visitare
e in tal loco sapienza maturare;
il ritorno a consueta vita
solo dopo questa ultima partita.
Quanto visto, sentito e vissuto
fosco pareva qual sogno perduto.
M’assalì per ciò pressante quesito:
s’il viver mio di pazzia figlio ardito;
vision, incontri, colloqui e parole
niente altro che d’un folle le fole.
Se Dio era frutto d’allucinazione
che tutto inventa e fa confusione,
cosa resterà dell’esplorare pazzo
e dov’ero io se non da mesi in razzo?
E come potrebbe intera ventura
esser nata sol da mia testa dura?
Che sia il morso del serpe dello spazio
a farm’irrequieto e di domande insazio?
Risposta certa andavo cercando
quando su Dio ritornai dubitando;
se allora non lo vidi davvero
l’esister suo incerto e menzognero?
Perché lo cercavo in ogni momento
e a Lui affidavo speranza e lamento?
Può la materia generar se stessa
e render massa dell’eterno più spessa?
Se così è chiameremmo Dio quella
adorandone culto in qualche stella.