In “Il riscatto” Arturo Graf così descrive le Terme di Caracalla.
Di tutte le rovine di Roma le Terme di Caracalla son quelle che più mi commuovono il cuore e la fantasia. La stessa solitudine, in mezzo alla quale si levano, mentre accresce la desolazione loro, le fa parere più grandi e più maestose.
Errai tutto solo in quell’aule vacue ed immense, sotto l’alte volte squarciate, donde piomba ogni po’ qualche frantume, e sulle quali esili virgulti fioriti ed erbe rabbuffate folleggiano al vento.
I miei passi sonavano sui vasti pavimenti a mosaico, che il peso dei secoli ha qua e là deformati. Salii, per una scaletta, in cima alle mura, là dove lo Shelley pensò e compose molta parte del suo Prometeo disciolto.
Sotto il limpido cielo che un mite tramonto accendeva di rosei bagliori, la campagna vasta e silenziosa allargavasi intorno; e già il verde inscuriva nella luce morente. Dalla piccola chiesa dei Santi Nereo ed Achilleo giunse il tintinno affiochito e piangoloso di una campana, e subitamente mi prese una grande tristezza e mi parve che mi mancasse il desiderio di vivere.
Arturo Graf (Atene, 19 gennaio 1848 – Torino, 30/31 maggio 1913) è stato un poeta, aforista e critico letterario italiano. Con le poesie e le novelle giovanili “Il riscatto” (da cui è tratto il brano) è l’unica opera narrativa al fianco di una copiosa produzione saggistica.