Riesce per Bompiani “Vino al vino” di Mario Soldati, una mappa anche concettuale del calice in penisola.
Qual è la mappa del vino italiano? Soldati Mario scrittore regista e tante altre cose la disegna in tre viaggi – compiuti tra 1968 e 1975 e finiti su viarie riviste prima che in volume – che sono, anche per la scrittura, un compendio prezioso per capire il nostro paese.
Già leggere i luoghi è tracciare una mappa di assoluta avvenenza. Provate a rifarli questi viaggi – se in macchina trovatevi un astemio – in ogni caso sceglietevi la bella compagnia della letteratura e “Vino la vino” si candida a esserla.
Dal punto di vista letterario, infatti, è una sinfonia di bassi e alti: poesia, amicizia, arguzia e piacere. Un piacere che non crede alla sofisticazione, alle marche ai luoghi comuni. Si può chiamare Emma come Barbera un vino, un nome e basta?
Soldati dissente perché sa che un vino è un terroir, ovvero il luogo da cui vengono i suoi tralci, le sue uve. Quindi spazio ai poderi. E occhio sulle persone perché in definitiva i vinificatori, gli enologi sono i poeti del bicchiere, gli eroi della pigiatura.
“Vino al vino”, dicevamo, è il racconto dei tre viaggi compiuti attraverso l’Italia alla ricerca dei vini genuini, quelli di botte (Soldati è un amante della botte sulla bottiglia come della spina sulla bottiglia per andare alla birra), alcuni famosi, altri noti, altri ancora “scoperti” da Soldati stesso che fiuta, indaga, anela il vino non ancora bevuto, quello che ancora non c’è o non c’è più. Come il Peligno di Pratola Peligna, per dirne uno.
Ma quella dello scrittore non è una semplice guida enologica: è un libro che racconta paesaggi, case, ville e castelli: in definitiva narrativa di luoghi.
Soldati lo sa e lo ammette a più riprese: non è un enologo professionista e guarda al vino come a una persona. La schiettezza lo conquista, la sofisticazione lo irrita. Quindi sì Vino al vino, mai titolo fu più efficace.