La nave di Enea: una delle mappe di “Angoli di Roma. Guida inconsueta alla città antica” (Laterza) di Andrea Carandini.
Sarà che chi scava è portato per deformazione ad andare in profondità ma quando Andrea Carandini, uno dei maggiori archeologi viventi, ci racconta Roma ci costringe a riconsiderare con semplicità delle evidenze non per forza visibili.
“I monumenti non equivalgono pertanto agli oggetti mobili, perché non si cammina sopra un fraseggio, su una tela dipinta o su una statua, ma ci si muove tra di essi, mentre negli edifici si entra e si cammina accolti e avvolti ed essi rivivono in quanto contenitori di ogni cosa”.
L’elenco dei segreti angoli dell’Urbe riviventi nelle descrizioni – illustrate in appendice – dello studioso sono 51. Dalla casa delle Vestali o di Cicerone al fornaio di Porta Maggiore, dal monte Velia all’insula trovata nel basamento della Galleria Sordi, Carandini ci invita talvolta all’astrazione (“Perfino l’amore non è che l’ingrandimento di una singola persona”), talvolta al flashback virtuale. E sarà bello scoprire per questa via cosa c’è sotto sotto i nostri piedi.
In questa mappa si ricostruisce la storia della non-venerazione di Enea – che invece avveniva a Lavinio – eccezion fatta per il ricovero vicino al Tevere della nave (un ordine di remi, lunga 120 e largo 25 piedi), una pentecontoros, ovvero una nave di tipo arcaico.
Una reminiscenza – spiega Carandini – forse dell’accoglienza di Evandro – descritta da Virgilio “Eneide” libro VIII – a Enea che approda a Roma, proprio dietro il Teatro Marcello, vicino all’Isola Tiberina, lì dove il rettilineo Tevere piegava, nei prata Flaminia.