Mohamed Keita è un fotografo ivoriano passato direttamente ma non senza burrasche e fortune dalla vita di strada all’obbiettivo. Nella mostra (a due con Flavio Scollo) in corso a Cinecittàdue (presso Cinecittàdue arte contemporanea che ringraziamo per gli estratti foto e testo dal catalogo) i suoi scatti su Roma.
Curata da Ludovico Pratesi, che di seguito lo intervista per ricostruirne la genesi artistica, la rassegna d’immagini intitolata “Da Roma a Baini. Un itinerario per immagini” e che fa parte del “Festival internazionale di fotografia di Roma” sarà visitabile a CinecittàDue Arte Contemporanea (spazio espositivo gratuito al 4 piano del Centro Commerciale) fino al 15 Novembre 2015.
Ludovico Pratesi: Mohamed, raccontami la tua storia. Quando e perché sei arrivato in Italia?
Mohamed Keita: Sono arrivato dalla Costa d’Avorio in Italia il 1 marzo 2010, dopo una serie di peripezie. Avevo perso i genitori, poi mio fratello se n’è andato da casa e sono rimasto da solo, a 13 anni. Ho raggiunto mio zio ma ho scoperto che non mi trattava bene e quindi ho deciso di lasciarlo per cercare un posto dove stare bene. Ho attraversato molti paesi, ho incontrato molte persone che mi hanno aiutato e sono arrivato qui.
L.P. Quando hai cominciato a fotografare?
M.K. Nel 2010, qui a Roma. Frequentavo il centro Civico Zero e mi hanno affidato una piccola macchina fotografica e così ho deciso di fotografare per costruire una memoria personale. Così ho fotografato il mio zaino, che era il mio unico bagaglio perché allora dormivo alla Stazione Termini.
L.P. E poi cosa è successo?
M.K. Quella foto l’ha vista Carlos Pilotto, il direttore di Exus, una scuola di fotografia a Roma, e mi ha permesso di frequentare il suo corso per tre anni gratuitamente. Così ho potuto completare il progetto sulle persone che dormivano a Termini, come me.
L.P. E durante il corso hai pensato di fotografare Roma?
M.K. Sì, perché la trovo una città bellissima, frequentata da tutti. Mi ha colpito che per le strade senti parlare tutte le lingue. È una città di incontri.
L.P. Come vedi questa città?
M.K. Giro molto, di notte e di giorno. Mi piace fotografare le gente e i luoghi, ma col mio sguardo
personale, rispettando sempre le persone che fotografo. Dopo quello che ho passato, mi pare la cosa più importante.