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Museo Gentilini

Uno dei marchi storici. E a anche una delle rare tipicità romane. I Biscotti Gentilini o, semplicemente, “I Gentilini” stanno all’Urbe come uno di quei miti fondativi di cui si è persa l’origine. Succede, alle volte, che il tempo facendo il suo corso inesorabile stabilisca delle certezze. O delle priorità. Questo articolo con molte foto e poco testo è dedicato al tempo. Che convenzionalmente segna 125 anni quest’anno. Gli dedichiamo un augurio e un Museo, Il Gentilini.



La Gentilini ha due luoghi romani per eccellenza. Uno è a via Alessandria 222 (civico del tempo) angolo via Novara (l’altro indirizzo passato alla preistoria del biscotto), ed è una vecchia foto (l’edificio non esiste più, il vecchio Forno Gentilini è ora un palazzotto vetrato). L’altro su via Tiburtina 1302, angolo via Affile (1960 la data dell’avvio di produzione nei nuovi stabilimenti). In capo a tutto, il suo fondatore, Pietro Gentilini, arrivato a Roma da Vergato, un piccolo paese dell’appennino tosco-emiliano, dove era nato nel 1856, passando per l’Uruguay, il Brasile e l’Argentina come “operaio liquorista”. L’altro stabilimento, si diceva, si lega all’attuale direzione (anche se l’inaugurò la precedente), la terza generazione (se vogliamo dire che l’attuale Paolo Gentilini, figlio di Ettore, del primo è nipote). Ma i luoghi sono stati molti grazie a precoci intuizioni da franchiser e punti vendita sparsi tra via Nazionale, piazza Colonna, via del Corso e Porta San Lorenzo. Ma pure Corso Umberto I, Piazza Venezia: tutta Roma lega molti ricordi al nome di questa industria dolciaria, la Fabbrica Biscotti P. Gentilini.

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Una delle caratteristiche salienti della continuità nel tempo della ditta “Biscotti P. Gentilini” sono le sue scatole di latta e il packaging in genere che hanno registrato nel tempo continuità e discontinuità insieme del lavoro dolciario della ditta che è rimasta famigliare. Questa cura di presentazione le è valsa spesso la citazione cinematografica: da “Un eroe dei nostri tempi di Monicelli e con Sordi a “La famiglia” di Scola passando per “Susanna tutta panna” di Steno. Salvando o trasmettendo luoghi immutati e mutati della città. Ma la Gentilini ha sempre perseguito il regalo, un merchandising non privo di intenti educativi e attenzione al mondo dell’infanzia. Così ha finito per distinguersi non solo per il biscotto ma per quello che c’è attorno. Ma gli ingredienti sono sempre stati il punto di base.




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Non sarà un caso che dopo il biscotto che rendeva forzuti scalpellini il passo successivo dell’educazione alimentare dei nostri genitori verso noi appena più grandi, almeno a Roma, è stato proprio l’oswego (poi osvego), il biscotto della salute e i novellini della Gentilini. Inzuppati nel latte del mattino con cui vi auguriamo – insieme ai Gentilini – anche oggi buona giornata.