“La fontana di via del Progresso fu costruita nel/ secondo periodo di Giacomo della Porta nel/ 1591./ Via del Progresso collega santa Maria del/ Pianto con il Lungotevere dei Cenci./ Io siedo sui gradini di Santa Maria del Pianto./ È l’unico posto dove si può sedere”.
Piazza della Croce Rossa
Questo brano è tratto da un testo più lungo e ancora inedito.
Essere nella testa di un giapponese è forse difficile tanto per un italiano quanto per un giapponese. Ma non ho prove scientifiche in merito. Ed è una considerazione davvero sommaria e particolare se è vero che questa mattina a fotografare il Vittoriano ho visto una schiera talmente multietnica da far ingrigire qualsiasi facile schematismo.
Che ci faccio o, meglio, che ci facevo? Piazza Regina Margherita numero 27, un portone che ho varcato centinaia di volte e che forse non varcherò più. Erano qui gli uffici di un mio editore che chiuse anni fa dopo trent’anni di onorato servizio.
Via Leonardo Blumenstihl, 19. Piano secondo. Interno 13. Questo l’ultimo indirizzo di Carlo Emilio Gadda. Uno degli scrittori più longevi (con Pier Paolo Pasolini, forse, a cui lo accomuna quanto meno l’uso dell’acronimo con triple iniziali) riguardo alla celebrazione della romanità. E nel suo caso anche (e forse più) per quello della milanesità. E per quel che concerne il racconto della nostra città è sintomatico che avvenga con un solo libro: “Quel Pasticciaccio brutto de via Merulana”. Altrettanto sintomatica e abbastanza originale, poi, la doppia riuscita interpretazione della linea Milano-Roma che solitamente discrimina gli autori facendoli appartenere a uno o l’altro dei salotti o dei caffè. Ombroso infine – e a prescindere – l’incantamento dello scrittore per il culto romano-fascista.
Il vero romano vero
Chi è il vero romano? Quante generazioni servono per asseverarlo? E soprattutto: nella indicibile guerra tra turisti e non turisti quale ruolo recita (o dovrebbe recitare) il romano?