Palazzo della Cancelleria e versi sul chiostro del Bramante tratti da “Il fico sulla fortezza” (fazi).
Palazzo della Cancelleria, capolavoro di Bramante,
si può entrare adesso, finalmente vedrò il cortile
che non avevo mai visto, passo sotto la volta dell’atrio
e ho davanti la parete opposta
col doppio ordine di archi e quelle finestre piccole, arcuate,
in alto, soluzione geniale per alzare ancor più
e non sembrare solo gentilezza italiana
ma grandioso romano, poderosità.
Caro Bramante, che apertura, che concezione grande
e che arte! Oggi non sarebbe proprio possibile
una cosa del genere, mostrare la potenza
e la gentilezza in una sola forma,
rendere una cosa che è in sé grande e pesante
qualcosa di assolutamente immateriale,
seme vivo nella nostra mente,
qualcosa non solo di indistruttibile
ma che, come un seme, si trasforma e cresce
e niente lo ferma.
E quel rettangolo di cielo serale
ancora chiaro e paurosamente nitido
dove trascorrono le nubi,
appaiono lentamente e lentamente spariscono
intrise di luce. C’è una ragazza straniera
seduta su un gradino, ai piedi di una colonna,
foglio e matita, copia la parete di fronte
all’ingresso, ha i capelli rossi
lisci, raccolti con una coda, un viso dolce, pelle
bianca, gli archi dei sopraccigli
e la colonna del naso osservo, e le finestre degli occhi
che rispecchiano il cielo celeste, e mi vorrei sedere
anch’io, tirare fuori carta e matita e mettermi a copiare
lei, il palazzo, le nuvole,
come tornare sui banchi di scuola, umili e allegri
e magari in una pausa parlare col compagno,
dire: “che palle ‘sta cosa” e insieme sentire dentro
che cresce e ordina, crea benessere e gioia
e ci prepara per la futura forza.