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Piazza Santo Stefano a Bologna

Questa descrizione di Piazza Santo Stefano a Bologna viene dritta dritta da
“BOLOGNA. Deviazioni inedite raccontate dagli abitanti”(ediciclo editore) curata da Wu Ming 2.

Il buon senso comune ci dice che i bisogni degli esseri umani obbediscono a un gerarchia: le necessità di base (aria, calore, cibo, acqua, riposo…) predominano su quelle relazionali, che a loro volta precedono la ricerca della bellezza, della giustizia, del divertimento.

Con questa idea in testa si finisce per pensare che un uomo affamato non dovrebbe badare al gusto del cibo che gli viene offerto e che una donna senzatetto non rifiuterà una casa solo perché la trova sporca e poco dignitosa.

Chi non rispetta questa presunta “legge di natura” passa per anomalo, schizzinoso e ingrato. Perché la scala dei bisogni ne giustifica un’altra: quella sociale.

E ribadisce che i poveri si devono accontentare, mentre chi ha la pancia piena può interessarsi di questioni più raffinate, come la gastronomia, la moda e l’architettura.

C’è chi si stupirà, allora, di trovare piazza Santo Stefano tra le tappe di questo percorso, come luogo dove rilassarsi e contemplare meraviglie.

«Ma guarda un po’!» esclamerà qualcuno. «Anche ai barboni piace il salotto più elegante della città.»
Nulla di strano, invece. E non solo perché la piramide dei bisogni umani è una mezza fanfaluca, ma anche perché piazza Santo Stefano è uno dei pochi spazi urbani di Bologna dove ci si può sedere comodi senza pagare, grazie a una sua
caratteristica ineliminabile, che il bellissimo restauro del ’91 ha accentuato ancor di più.

La piazza è un imbuto, in pendenza, che via via scende rispetto al piano dei portici e delle case, creando tutt’intorno un gradino, un sedile perfetto.

Anche a dispetto di chi ha tolto le dodici panchine “Monforte”, disegnate dall’architetto Caccia Dominioni, che occupavano il lato destro della basilica. Sostituite con quattro di legno, che danno le spalle alla piazza e alla sua bellezza.