Dei Poeti del Trullo è già stato scritto molto. Ci aggiungiamo per celebrare la spontaneità di questo movimento nato in una periferia romana, il Trullo appunto, tra scritte e versi d’occasione consegnati a biglietti o spray. E ora raccolti in volume.
Lo facciamo pubblicando l’introduzione di uno di loro, Inumi Laconico, a questa prima raccolta di versi che segna la nascita del movimento del “Metroromanticismo” e chiude questa prima fase poetica visibile anche nella gallery delle immagini.
Introduzione
di Inumi Laconico
Avere a che fare con se stessi non è una facile impresa.
Riuscire ad ascoltarsi prevede esercizio e silenzio.
Riuscire ad ascoltare gli altri è un’impresa titanica.
Le difficoltà aumentano quando si vive in un mondo che
riesce a ridurre le generazioni in un cumulo di biglie sbiadite,
scheggiate.
Colpite, lanciate, incidentate da un dito invisibile.
In epoche come questa si è fatti di vetro.
C’è del colore dentro ma è irraggiungibile.
Freddo.
Mentre ci si scontra, mentre si fa tanto rumore, mentre si
rotola in spazi geometrici, quel colore, dentro, si scalda coltivando
in sé il desiderio di esplodere.
E sciogliersi.
Un ottimo rimedio all’inquietudine è coltivare.
Se un pezzo di terra viene coltivato e curato da più di due
mani il risultato può essere davvero sorprendente.
Quando sento, in me, il grido della poesia esplodere, mi
guardo intorno per cercare chi, come me, vuole esserci. Risponde
un grido diverso, opposto, complementare. Il verso
di una Bestia metropolitana ubriaca di rime e di fomento.
Quando i silenzi, le letture e un personale anacronismo incontrano
la spontaneità, la musica a massimo volume, la soluzione
sempre a portata di mano e sintonizzata sulle stazioni del
proprio tempo può nascere una grande amicizia. E non solo.
Con l’incontro tra me e Er Bestia nasce il gruppo Poeti der
Trullo.
Marta segue il familiare richiamo bestiale e scende spontaneamente
dalle sue nuvole. Marta, perennemente innamorata,
ci porta la freschezza dell’ultima adolescenza, quella che fa
fatica ad andare via, incollandosi sulle dita. I suoi versi sono
la melodia che scalda quando il freddo è pungente e il cuore
annichilito.
Er Quercia, la migliore amicizia di sempre, si unisce al gruppo
radicando e intrecciando, nel nostro giardino privo di recinzioni,
pensieri e parole impregnate di terra e filosofia. La
sua presenza è rassicurante. Ci piace stenderci all’ombra dei
suoi rami, ascoltare la vibrazione delle sue riflessioni, leggere
il cielo minaccioso che ci sovrasta e sentirci protetti dalla
forza del suo pensiero.
Decidiamo di diffondere i nostri versi attraverso la rete. Il nostro
richiamo, come vento impetuoso sull’intero quartiere, viene
accolto da un ventenne gonfio di passione che ci manda la
sua prima poesia. Er Pinto porta con sé la semplicità della vita
e si unisce al gruppo alimentando la sua parte più goliardica.
Genuino come un colore puro.
Ci sono due animali che ci studiano da lontano. Uno ci sorvola.
L’altra gironzola, sparisce, torna, si avvicina.
Due animali urbani, notturni, mai sazi dei loro giochi solitari.
Due animali curiosi di ciò che sta accadendo.
Er Farco.
Ostile e irraggiungibile. Il nostro territorio è anche il suo, ma
lui continua a essere altrove. Preferisce seguire il buio che si
porta dentro, lanciando, di tanto in tanto, qualche verso lacrimato,
per sentire meno il peso della sua incessante solitudine.
’A Gatta Morta salta da un tetto a un altro mentre ci rivela
i percorsi del labirinto mente. Le sue parole graffiano la quotidianità
liberando un flusso di storie bisognose di uscire dalle
quattro mura dell’abitudine. La Gatta denuda la fantasia, il
desiderio, la propria lucida versione.
Ci siamo tutti. Siamo in sette e siamo un coro. Uniamo e
alterniamo le nostre voci con lo scopo di comunicare, spaziare,
espanderci. Decidiamo di essere anonimi perché liberi di
svelarci davvero, svincolati dall’immagine e dai nomi propri.
In epoche come questa unire sette diverse menti e lasciare
che coltivino poesia in un giardino condiviso è cosa impossibile,
se non si desse al colore che abbiamo dentro l’occasione
di esplodere.
Il Trullo è un luogo della mente. Tutti possono affacciarsi su
questo giardino periferico dopo essersi allontanati dal centro.
Il centro delle decisioni, il centro della politica, il centro
sotto chiave, protetto da vetri opachi, inaccessibile. Il Trullo è
un luogo della mente e tutta la periferia esistente può essere
seme e frutto di poesia. Noi esistiamo per dimostrarlo. Noi
esistiamo per sporcare i passanti e i vicini del colore che ci
è esploso dentro. Abbiamo deciso di lasciarlo fluire e di non
arginarlo.
Siamo in sette e siamo un coro che vuole cantare l’amore e
la rabbia, l’esperienza e la meraviglia, la provenienza e il
viaggio. Le vertigini di un sentimento sul cornicione dell’ultimo
piano. Lo scorrere, per le strade romane, di un fiume di versi
diretto verso il Tevere, il mare, l’oceano.
Un coro che soffia e diffonde, da un piccolo pezzo di mondo
chiamato Trullo, il vento poetico del Metroromanticismo.