Un due tre … glicine.
Roma e il glicine: una piccola galleria fotografica.
Da quando vivo a Roma (ed ho sempre vissuto in centro) non mi è mai mancata la natura. Sarà perché i parchi sono tanti o perché l’erba (‘l’erbaccia’) cresce rigogliosa e indisturbata ai piedi delle mura aureliane o nel dissesto dei marciapiedi. O sarà perché l’odore della primavera ti entra all’improvviso nelle narici sfidando lo smog. E alzi gli occhi e sulla tua testa pende una pioggia di fiori.
I fiori che penzolano dalle mura circondanti i villini romani sono di diversa foggia e odore ma in questo post fotografico vorrei ricordare un fiore il cui nome è anche un colore. È il glicine un trionfo visivo di viola verde e blu che per semplicità definiamo ‘lilla’. Il nome scientifico è Wisteria ed è importazione dei viaggi inglesi nell’estremo Oriente – Cina (lì la chiamano zi teng, vite blu) e Giappone – del 1816 (l’esemplare più antico si trova a Londa a Kew Garden). La parola Italia glicine deriva dal greco glikis che evoca la dolcezza del suo profumo. I suoi fiori simboleggiano amicizia, longevità ma pure gli amori turbolenti di questa stagione primaverile. Per i giapponesi significano preghiera ed equilibrio.
Ho scattato per voi delle immagini in giro per la città. Queste.
Valeria De Luca, pescarere, vive a Roma. Il suo ultimo romanzo è “Respira” (Ianieri Edizioni, 2014). Filippo La Porta, nel presentarlo, ha scritto di “una discesa negli inferi” e, citando l’autrice, della “primavera romana con le mura che grondavano di glicini”. Questo racconto ci fa vedere attraverso il suo sguardo accurato i Parioli con le sue ambasciate e luoghi di (non) incontro.