Il Traforo Umberto I o via del Traforo, uno spazio nel tempo, un racconto di Natalia Ginzburg.
Racconta Natalia Ginzburg in “Vita immaginaria” la sensazione che gli provoca riattraversare il traforo.
Per i romani – non per tutti i romani ma almeno per quelli che hanno dimestichezza con il Centro Storico – il traforo è l’Umberto I o via del Traforo. Da un lato via Nazionale, dall’altro via del Tritone.
La Ginzburg ripensa alla guerra e alla sua pensioncina su via Nazionale.
Deve andare a una presentazione in cui si parlerà di Valpreda. All’Eliseo (con Bobbio e la Cederna).
Ma sbaglia teatro e si trova in una manifestazione missina – alla fine dirà che il tema era il ruolo della donna.
C’è una schiettezza talvolta una impertinenza – tipica peraltro delle scritture della Ginzburg – che arriva a mettere in risalto quanto il tempo passando modifica i luoghi per la percezione modificate che ne abbiamo noi.
La Ginzburg giovane sognava la politica – sognava di poterla fare e potersene occupare – ma poi se ne distanzia. Poi si imbatte nella storia di Valpreda e “mi sono accesa di una collera furiosa”.
Il traforo diventa così la porta nel tempo che la rigetta in una sensazione antica. Rimossa in “grida strozzate”, abbandonando lo sdegno giovanile.